>> ghinolfi.it

 

 

 

 

 

 

>> Come fare il nocino?

 

È dal 1997 che produco il nocino del mallo di noci oramai ricnosciuto come ottimo da tutti i familiari ed amici. Al palio del nocino di Fabbrico nel 2003 si è posizionato al 7° posto: l’unico difetto riscontrato dalla giuria fu che il nocino era troppo giovane. Obiettivamente per noi è stato un grande risultato perchè l’unico metro che abbiamo utilizzato da sempre è stato il nostro palato e considerando che i 15 litri prodotti all’anno non arrivano all’anno successivo, allora abbiamo sempre detto che il nostro nocino è uno dei migliori in assoluto.….

 

Il nocino che produco viene ottenuto lavorando il mallo delle noci che raccolgo dal campo di famiglia a Ciolla in comune di Paullo a Reggio Emilia: in questo terreno protetto dalle colline abbiamo 60 piante di noci.

 

Questa è la nostra ricetta:

 

Ingredienti

1,2 Kg di Noci, 1 litro di alcool 95%, 950gr di zucchero, 300 cc di acqua, chiodi di garofano, limone, cannella, chicchi di caffè

 

Procedimento

Tagliare le noci in due/quattro parti e metterle in infusione per almeno 40 giorni con il resto degli ingredienti (attenzione alle noci: mettetevi dei guanti se non volete che le vostre mani diventino nere). I sapori li metto nel nocino su un quantitativo per damigiana: 6-7 chiodi di garofano, un pizzico di cannella (circa 1 centimetro), 6-7 chicchi di caffè e la scorza di un limone non trattato (pelare con il pela patate).

Lasciare al sole per almeno 40 giorni ricordandosi di mescolare ogni sera per almeno i primi 7 giorni in modo da ammalgamare al meglio gli ingredienti. Passati i 40 giorni di sole travasare il nocino in un’altra damigiana praticando una filtratura grossolana. Far riposare il nocino al fresco e al buio, come ad esempio in una cantina, fino ai primi di dicembre dello stesso anno.

In questo modo tutte le impurità saranno in fondo per effetto della decantazione naturale e potrete cominciare ad imbottigliare il nocino anche senza filtratura.

 

Per i primi assaggi dovrete aspettare ancora qualche giorno, solitamente il giorno ideale è il pranzo di Natale quando ci si ritrova tutti in famiglia.

 

 

 

 

 

 

>> La tradizione del nocino

E’ consuetudine largamente diffusa quella che vede la notte di San Giovanni come data  canonica per la raccolta delle noci immature destinate alla preparazione del Nocino. Gli stessi erboristi definiscono questo momento preciso col termine di “tempo balsamico”.
Nella più breve notte dell’anno una tradizione ampiamente consolidata riconosce al frutto della noce, ancora verde, la sua fase ideale per la raccolta, per il suo maggior profumo, per la maggior presenza di linfa nei tessuti ed essendo più ricca di oli essenziali, di principi attivi e di vitamine.
Secondo la tradizione, la notte di San Giovanni le donne con lunghe scale e piccoli panieri di vimini rivestiti all’interno con tele di sacco scomparivano nel buio della campagna, per poi riunirsi sotto il noce. La più esperta, a piedi nudi per non scivolare, saliva sulla scala, sceglieva con calma le noci più adatte e più integre, le toccava appena per non togliere il velo di rugiada, le girava sul picciolo e le riponeva delicatamente nel paniere. Nel frattempo nell’aia erano stati accesi dei falò attorno ai quali si radunavano le donne, dopo aver depositato a terra, su sacchi vuoti, le noci appena raccolte affinché potessero ricevere ancora, fino al mattino, la guazza notturna. Una volta tagliate le noci venivano poi poste, assieme all’alcool, in vasi di vetro ed esposte al sole per 40 giorni.
 
>> Miti e leggende leagti al noce
 
Il Noce, assieme a pochi altri alberi, ha avuto sempre il valore di pianta sacra. Già nella classicità il noce aveva ricevuto dall’uomo elezione divina, venendo definito la “Glans Jovis”, la ghianda di Giove re dell’Olimpo, da cui poi in seguito il termine della classificazione botanica “Junglas Jovis”. In seguito essa godrà sempre, nel bene o nel male, di considerazione particolare, di collocazione religiosa o magica a seconda di una precisa ambivalenza che ne farà, di volta in volta, una pianta fausta o nefasta.
Risalgono a Virgilio ed Ovidio alcune testimonianze che vedevano nei cortei nuziali gli sposi lanciare noci ai più giovani, forse ad indicare la fine dell’età dei giochi, mentre il marito ne gettava alla sposa al momento di entrare nella nuova casa come augurio per una futura fecondità.
Quando la prima conquista Romana raggiunse la Britannia trovò un popolo misterioso che soprannominò il popolo dei Picti per l’abitudine dei guerrieri di dipingersi il corpo. Questo popolo aveva una particolare venerazione per il mondo arboreo che lo circondava, una notte in particolare, la notte di mezza estate, li rendeva stranamente misteriosi ed una bevanda straordinariamente euforici. In quell’occasione i Picti erano soliti riunirsi in ampie radure boschive, al canto di una ballata e, alla luce della luna, i fabbri forgiavano armi sulle incudini, i sacerdoti incidevano sacri simboli sulle lame delle spade, le fanciulle, sciolti i capelli, correvano incontro ai loro promessi. E tutti potevano parlare con le misteriose creature dei boschi: gli Elfi e le fate si mescolavano agli umani e bevevano nello stesso calice lo scuro liquore di noce.
Più tardi, con l’avvento del Cristianesimo, i monaci permisero ai convertiti Britanni di conservare alcune delle loro cerimonie religiose mediandole però nel nuovo calendario Cristiano. Così si narra che, messi di fronte ad una scelta, gli Elfi , le fate e i folletti che popolavano la verde isola, decidessero di non poter restare sotto  le nuove leggi e proprio nella magica notte di mezza estate, la notte di San Giovanni, partirono per altri lidi. L’eco di queste storie rimase nei secoli e lo stesso William Shakespeare ne accenna un ricordo nella sua commedia “Sogno di una notte di mezza estate”.
Quando i Longobardi, intorno al VII secolo, scesero nella nostra penisola, si portarono dietro il bagaglio delle loro pagane credenze e dei loro misteriosi rituali. Con il loro avvento ebbe inizio la storia leggendaria del noce come ricettacolo notturno di spiriti demoniaci e di streghe.
Si diceva addirittura che la pianta del noce rappresentasse l’ultimo rifugio delle streghe condannate al rogo, infatti esse potevano salvarsi dal supplizio trasferendosi in spirito nel tronco del più vicino noce, per poi riacquistare la libertà al momento dell’abbattimento dell’albero.
Iniziata coi misteriosi riti dei Picti, consacrata dai Longobardi, la fama “magica” poi “demoniaca” del noce troverà sempre nuova linfa nelle credenze popolari e nelle leggende. Nella consuetudine dell’Appennino Tosco Emiliano questa pianta era sempre presente, consigliata dalle gerarchie ecclesiastiche anche per la sua possibilità di dare alimento al corpo e, contemporaneamente, alle piccole lampade sempre accese davanti ai Tabernacoli. Una credenza poi la riteneva capace di allontanare i fulmini, ed è anche questa la ragione per cui uno o più noci verdeggiavano in tutte le aie delle nostre case di campagna.

Il tradizionale liquore "Nocino", preparato con le noci raccolte durante la notte di san Giovanni, racchiude centinaia di migliaia di anni di storia e di magico e stregato mistero...La Notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 Giugno, cade nel solstizio d'estate, periodo legato ad una serie di riti magici, credenze ed usi popolari, celebrazioni iniziatiche e rituali propiziatori. Sono moltissimi i paesi che ogni anno celebrano questa notte con i 'fuochi', di celtica memoria. Nei paesi anglosassoni nasce infatti con il nome di Midsummer’s Eve (divenuto poi St. John’s Eve).

E' un giorno legato alla figura femminile, al matrimonio e alla fertilità: dalla credenza dello sposalizio del sole con la luna, alle tradizioni che vogliono che le fanciulle raccolgano erbe con cui preparare filtri d'amore fino alle figure delle streghe... tradizione medievale vuole che tutte le streghe volassero nel cielo per radunarsi sotto il Grande Noce di Benevento. Molti le frasi che si tramandano... Per giungere al noce, questa la frase, unita ad un unguento: "Unguento, unguento, mandami alla noce di Benevento, supra aqua et supra vento et supra omne maltempo". Mentre una volta sotto il noce le streghe si ritrovavano al grido: "Sòtte ‘a l’acqua ‘e sòtte ‘u viénte sòtte ‘a noce ‘e Beneviénte".

>> LA NOCE

Già anticamente, per analogia, il frutto della noce venne adottato da quasi tutte le culture arcaiche per trattare malattie mentali. Nel Rinascimento le si riconosceva la precisa immagine della parte più delicata e nobile della testa umana: nel guscio si ravvisava la calotta cranica, internamente nel gheriglio si ritrovavano le anse cerebrali e nella sottilissima pellicola la fragile meningi. L’odierna fitoterapia consiglia l’uso medicamentoso di quasi tutte le parti del noce. Dalle radici si estrae un succo diuretico e lassativo, la corteccia ha sicuramente proprietà emetiche, le foglie sono riconosciute febbrifughe e vermifughe, mentre il mallo acerbo, ricco di acido gallico, un ottimo tonico, è usato contro disturbi di fegato.

 

Home <<