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Come fare il nocino?
È dal 1997
che produco il nocino del mallo di noci oramai ricnosciuto come ottimo da tutti
i familiari ed amici. Al palio del nocino di Fabbrico nel 2003 si è posizionato
al 7° posto: l’unico difetto riscontrato dalla giuria fu che il nocino era
troppo giovane. Obiettivamente per noi è stato un grande risultato perchè
l’unico metro che abbiamo utilizzato da sempre è stato il nostro palato e
considerando che i
Il nocino
che produco viene ottenuto lavorando il mallo delle noci che raccolgo dal campo
di famiglia a Ciolla in comune di Paullo a Reggio Emilia: in questo terreno
protetto dalle colline abbiamo 60 piante di noci.
Questa è la
nostra ricetta:
Ingredienti
Procedimento
Tagliare le
noci in due/quattro parti e metterle in infusione per almeno 40 giorni con il
resto degli ingredienti (attenzione alle noci: mettetevi dei guanti se non volete
che le vostre mani diventino nere). I sapori li metto nel nocino su un
quantitativo per damigiana: 6-7 chiodi di garofano, un pizzico di cannella
(circa
Lasciare al
sole per almeno 40 giorni ricordandosi di mescolare ogni sera per almeno i
primi 7 giorni in modo da ammalgamare al meglio gli ingredienti. Passati i 40
giorni di sole travasare il nocino in un’altra damigiana praticando una
filtratura grossolana. Far riposare il nocino al fresco e al buio, come ad
esempio in una cantina, fino ai primi di dicembre dello stesso anno.
In questo
modo tutte le impurità saranno in fondo per effetto della decantazione naturale
e potrete cominciare ad imbottigliare il nocino anche senza filtratura.
Per i primi
assaggi dovrete aspettare ancora qualche giorno, solitamente il giorno ideale è
il pranzo di Natale quando ci si ritrova tutti in famiglia.
>> La tradizione del nocino
E’ consuetudine largamente
diffusa quella che vede la notte di San Giovanni come data canonica per
la raccolta delle noci immature destinate alla preparazione del Nocino. Gli
stessi erboristi definiscono questo momento preciso col termine di “tempo
balsamico”.
Nella più breve notte dell’anno una tradizione ampiamente consolidata riconosce
al frutto della noce, ancora verde, la sua fase ideale per la raccolta, per il
suo maggior profumo, per la maggior presenza di linfa nei tessuti ed essendo
più ricca di oli essenziali, di principi attivi e di vitamine.
Secondo la tradizione, la notte di San Giovanni le donne con lunghe scale e
piccoli panieri di vimini rivestiti all’interno con tele di sacco scomparivano
nel buio della campagna, per poi riunirsi sotto il noce. La più esperta, a
piedi nudi per non scivolare, saliva sulla scala, sceglieva con calma le noci
più adatte e più integre, le toccava appena per non togliere il velo di
rugiada, le girava sul picciolo e le riponeva delicatamente nel paniere. Nel
frattempo nell’aia erano stati accesi dei falò attorno ai quali si radunavano
le donne, dopo aver depositato a terra, su sacchi vuoti, le noci appena
raccolte affinché potessero ricevere ancora, fino al mattino, la guazza
notturna. Una volta tagliate le noci venivano poi poste, assieme all’alcool, in
vasi di vetro ed esposte al sole per 40 giorni.
>> Miti e leggende leagti al noce
Il Noce, assieme a pochi altri alberi, ha avuto sempre il valore di pianta
sacra. Già nella classicità il noce aveva ricevuto dall’uomo elezione divina,
venendo definito
Risalgono a Virgilio ed Ovidio alcune testimonianze che vedevano nei cortei
nuziali gli sposi lanciare noci ai più giovani, forse ad indicare la fine
dell’età dei giochi, mentre il marito ne gettava alla sposa al momento di
entrare nella nuova casa come augurio per una futura fecondità.
Quando la prima conquista Romana raggiunse la Britannia trovò un popolo
misterioso che soprannominò il popolo dei Picti per l’abitudine dei
guerrieri di dipingersi il corpo. Questo popolo aveva una particolare
venerazione per il mondo arboreo che lo circondava, una notte in particolare,
la notte di mezza estate, li rendeva stranamente misteriosi ed una bevanda
straordinariamente euforici. In quell’occasione i Picti erano soliti
riunirsi in ampie radure boschive, al canto di una ballata e, alla luce della
luna, i fabbri forgiavano armi sulle incudini, i sacerdoti incidevano sacri
simboli sulle lame delle spade, le fanciulle, sciolti i capelli, correvano
incontro ai loro promessi. E tutti potevano parlare con le misteriose creature
dei boschi: gli Elfi e le fate si mescolavano agli umani e bevevano nello
stesso calice lo scuro liquore di noce.
Più tardi, con l’avvento del Cristianesimo, i monaci permisero ai convertiti
Britanni di conservare alcune delle loro cerimonie religiose mediandole però
nel nuovo calendario Cristiano. Così si narra che, messi di fronte ad una
scelta, gli Elfi , le fate e i folletti che popolavano la verde isola,
decidessero di non poter restare sotto le nuove leggi e proprio nella
magica notte di mezza estate, la notte di San Giovanni, partirono per altri
lidi. L’eco di queste storie rimase nei secoli e lo stesso William Shakespeare
ne accenna un ricordo nella sua commedia “Sogno di una notte di mezza estate”.
Quando i Longobardi, intorno al VII secolo, scesero nella nostra penisola, si
portarono dietro il bagaglio delle loro pagane credenze e dei loro misteriosi
rituali. Con il loro avvento ebbe inizio la storia leggendaria del noce come
ricettacolo notturno di spiriti demoniaci e di streghe.
Si diceva addirittura che la pianta del noce rappresentasse l’ultimo rifugio
delle streghe condannate al rogo, infatti esse potevano salvarsi dal supplizio
trasferendosi in spirito nel tronco del più vicino noce, per poi riacquistare
la libertà al momento dell’abbattimento dell’albero.
Iniziata coi misteriosi riti dei Picti, consacrata dai Longobardi, la fama
“magica” poi “demoniaca” del noce troverà sempre nuova linfa nelle credenze
popolari e nelle leggende. Nella consuetudine dell’Appennino Tosco Emiliano
questa pianta era sempre presente, consigliata dalle gerarchie ecclesiastiche
anche per la sua possibilità di dare alimento al corpo e, contemporaneamente,
alle piccole lampade sempre accese davanti ai Tabernacoli. Una credenza poi la
riteneva capace di allontanare i fulmini, ed è anche questa la ragione per cui
uno o più noci verdeggiavano in tutte le aie delle nostre case di campagna.
Il tradizionale liquore
"Nocino", preparato con le noci raccolte durante la notte di san
Giovanni, racchiude centinaia di migliaia di anni di storia e di magico e
stregato mistero...La Notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 Giugno, cade nel
solstizio d'estate, periodo legato ad una serie di riti magici, credenze
ed usi popolari, celebrazioni iniziatiche e rituali propiziatori. Sono
moltissimi i paesi che ogni anno celebrano questa notte con i 'fuochi',
di celtica memoria. Nei paesi anglosassoni nasce infatti con il nome di Midsummer’s
Eve (divenuto poi St. John’s Eve).
E' un giorno legato alla
figura femminile, al matrimonio e alla fertilità: dalla credenza dello
sposalizio del sole con la luna, alle tradizioni che vogliono che le fanciulle
raccolgano erbe con cui preparare filtri d'amore fino alle figure delle streghe...
tradizione medievale vuole che tutte le streghe volassero nel cielo per
radunarsi sotto il Grande Noce di Benevento. Molti le frasi che si
tramandano... Per giungere al noce, questa la frase, unita ad un unguento: "Unguento,
unguento, mandami alla noce di Benevento, supra aqua et supra vento et supra
omne maltempo". Mentre una volta sotto il noce le streghe
si ritrovavano al grido: "Sòtte ‘a l’acqua ‘e sòtte ‘u viénte sòtte
‘a noce ‘e Beneviénte".
>> LA NOCE
Già anticamente,
per analogia, il frutto della noce venne adottato da quasi tutte le culture
arcaiche per trattare malattie mentali. Nel Rinascimento le si riconosceva la
precisa immagine della parte più delicata e nobile della testa umana: nel guscio
si ravvisava la calotta cranica, internamente nel gheriglio si ritrovavano le
anse cerebrali e nella sottilissima pellicola la fragile meningi. L’odierna
fitoterapia consiglia l’uso medicamentoso di quasi tutte le parti del noce.
Dalle radici si estrae un succo diuretico e lassativo, la corteccia ha
sicuramente proprietà emetiche, le foglie sono riconosciute febbrifughe e
vermifughe, mentre il mallo acerbo, ricco di acido gallico, un ottimo tonico, è
usato contro disturbi di fegato.